ULTIMI ARTICOLI

Mostra Fotografica il colore e il b&n di Genova

0

14 – 15 – 16 Ottobre 2022

di PAOLA CHIAPPINI presso PROLOCO NERVI – Villa Grimaldi Fassio

EVENTO GRATUITO

Per partecipare è possibile prenotarsi cliccando qui sotto nella data specifica:

Parlano dell'evento:

La magia della Val d’Aveto in inverno

0

La magia della Val d’Aveto avvolge l’ambiente anche durante l’inverno. La stagione più fredda dell’anno, infatti, stupisce ed incanta in questa valle dove la natura è regina incontrastata!

I tiepidi raggi del sole, così obliqui da descrivere ombre lunghe sulla distesa bianca di neve, danno colore a un paesaggio che sembra uscito da una fiaba. Anche qui come nella mia amata Scozia, pare di poter scorgere qualche folletto far capolinea tra i faggi dai lineamenti armoniosi.

La magia della Val d’Aveto dalla Scoglina

L’inverno è certamente per me la stagione in cui la natura dà il meglio di sè e la riserva a quei pochi che non si fermano davanti al calo termico.

E’ proprio con questa atmosfera di silenzio e di solitudine che ho raggiunto il passo della Scoglina (962 m. s.l.m.). E’ incredibile come scollinato, l’ambiente mi proiettasse subito in un clima nordico. La neve ha l’incomparabile privilegio di insonorizzare tutto ciò che circonda, dipingendo ogni cosa di bianco. Un paradiso per chi ama la montagna, per chi vuol far parlare la fotografia.

La distesa di neve imbianca l’ambiente

Il tratto fino al centro abitato di Cabanne, frazione del Comune di Rezzoaglio, attraversa qualche sporadica casa, che con il camino vivace lascia immaginare scene di vita familiare intorno al focolare.

Verso Cabanne

Dopo ogni curva si apre un paesaggio che invoglia a prendere la macchina fotografica e ad immortalare prati coperti da un manto immacolato di neve, boschi spogli dai rami ghiacciati.

La temperatura è rigida, ma il profumo dell’aria pulita fa venire voglia di camminare. Sarà che siamo stati costretti a casa, sarà che per me l’inverno è una stagione speciale, fatto sta che una gita fuori porta è davvero ideale per risollevare il morale.

L’ambiente prima di arrivare a Cabanne

E’ magnifico incontrare anche i cavalli, all’aperto, pur con le loro coperte termiche.

Il paesaggio offre scorci unici, specie lungo i corsi d’acqua. Qui i torrenti si aprono spazi tra la neve soffice che li lambisce. E mentre osservo e mi perdo nei miei pensieri, ecco il campanile di Cabanne che, con i suoi rintocchi, mi riporta alla realtà.

Cabanne

La frazione di Cabanne è un centro piccolo, ma sempre molto vivace, specie nella bella stagione. Qui, infatti, fanno sosta in estate comitive di motociclisti provenienti o dalla riviera, o dall’entroterra emiliano, o ancora dalla Val Trebbia.

In inverno, specie in queste giornate fredde, le moto sono rimaste probabilmente nelle rimesse. Al loro posto le auto di chi non vedeva l’ora di calpestare un po’ di neve.

Per togliermi dalla strada principale, alla ricerca di qualche angolo da immortalare, preferisco percorrere la stradina che attraversa il centro abitato. L’aria che sferza il viso è un toccasana, mentre avanzo tra case dai tetti immacolati e ruderi armoniosamente accarezzati dalla neve.

Cabanne con il suo campanile

Ambiente magnifico, ma purtroppo le brevi giornate invernali non consentono soste molto lunghe in montagna. Ma va bene così, non si può aver tutto, e a me dopotutto basta assaporare la neve e quei raggi obliqui del sole che sono una meraviglia.

Cabanne così a misura d’uomo in inverno è un’occasione imperdibile, è capace di trasmettere emozioni uniche, come del resto tutta la Val d’Aveto.

Quando il sole comincia a nascondersi dietro il monte, decido di riprendere la via del ritorno, ma con calma. Ad ogni curva mi pare di scorgere sempre qualche angolo che merita di essere immortalato, qualche scorcio che voglio riportare a casa, per rivederlo e riassaporare quell’atmosfera.

La magia della neve sui rami

L’incredibile della Liguria: fino al passo della Scoglina, nel viaggio di ritorno, ero completamente calata nell’inverno più rigido. Appena arrivata al passo, proprio dove si sorge una cappella dedicata alla Madonna, ecco scorgere in lontananza il mare. La ripida discesa che da qui inizia e che termina nell’incrocio con la strada della val Fontanabuona, riporta a un clima più mite.

Qui tutto è agli estremi: il mare e i monti, la neve e il sole, il ghiaccio e la mimosa in fiore. In un giorno si vive l’inverno e la primavera, occasione unica per emozioni forti. Provare per credere…

La magia della Val d’Aveto non è comunque solo nella stagione invernale, ma dura tutto l’anno. Un luogo fatto di natura, di tradizioni, di leggende ben radicate nell’ambiente.

CROMOTERAPIA IN FOTOGRAFIA

La cromoterapia in fotografia può essere considerata uno di quegli ambiti che ci introducono al mondo olistico mediante l’approccio alla luce. Infatti, se fotografia è “scrivere con la luce”, la cromoterapia si serve della luce come fonte di vibrazioni per valutare i colori nelle loro declinazioni terapeutiche. Un mondo affascinante, quindi, che può creare armonia ed essere di valido aiuto nella vita di tutti i giorni.

CROMOTERAPIA E FOTOGRAFIA

Proprio da queste considerazioni preliminari sono partita per sperimentare la fotografia nelle sue declinazioni fine art, dove la predominanza voluta di un determinato colore, piuttosto che di un altro, si è rivelata portatrice di stati d’animo diversi, garantendo un benessere interiore palpabile.

Da sempre la mia inclinazione alla fotografia paesaggistica e naturalistica è indice di un approccio aperto al mondo, inteso sia come manifestazione della natura sia delle opere dell’uomo contestualizzate. La successiva consapevolezza che queste fotografie, oltre che riflettere il pensiero e lo stato d’animo del suo autore, potessero essere valutate come veicolo di benessere interiore, mi ha portato di conseguenza ad approfondire lo studio della cromoterapia. E quale gioia ho provato nel fare questa esperienza!

In questo articolo non voglio certo affrontare il tema della cromoterapia intesa come medicina alternativa, di cui non ho le conoscenze adeguate, bensì di spiegare come la scelta di preferire la predominanza di un certo colore rispetto ad un altro nella fotografia possa trasmettere una particolare vibrazione di benessere.

FOTOGRAFIE COME QUADRI CROMATICI

L’accostamento della fotografia fine art allo studio dei colori predominanti come complemento d’arredo può, quindi, contribuire a garantire un benessere interiore all’interno delle mura amiche di casa. Vi chiederete com’è possibile. Molto semplicemente…

Basta provare a focalizzare l’attenzione su alcuni colori specifici con cui abbiamo arredato le stanze di casa nostra. Consapevolmente o no, la scelta di determinati elementi decorativi, o anche i colori delle pareti, sono il risultato di un piacere, di una vibrazione provati nel momento della scelta. Oltre al piacere, si può fare un passo ulteriore grazie alla scelta consapevole dei colori che possono trasmettere stati d’animo diversi. Proprio per questo motivo diventa importante abbinare colori determinati ai vari locali della casa, anche e soprattutto nella scelta di quadri fotografici studiati per il “proprio benessere psicofisico”.

Proprio a questo riguardo si possono fare scelte di quadri fotografici fine art, opportunamente pennellati su determinate tonalità, che hanno lo scopo di arredare con gusto la casa garantendo al proprio inquilino di sentirsi a proprio agio.

SIGNIFICATO DEI COLORI

Quindi, perché non pensare al rosso come a un colore che imprime vivacità e passione, e quindi abbinarlo al giusto locale della casa? Oppure al blu come il colore che combatte l’ansia e che quindi è più adatto a determinate stanze piuttosto che ad altre? E via via passando attraverso i colori dell’arcobaleno, oppure, ancora meglio, partendo dai colori primari per poi scoprire come il loro intersecarsi e sfumarsi nei colori secondari consenta soluzioni ambientali di stile, senza per questo dover affrontare investimenti proibitivi.

Il vantaggio dello studio dei colori applicato ai quadri fotografici per garantire benessere interiore sta anche nel fatto che in questo modo si consente di lavorare su pareti bianche o comunque chiare e monocolore. Con la garanzia di potersi circondare di elementi di arredo unici, o almeno a tiratura limitata, e addirittura di poterli creare anche secondo le esigenze di chi abita detti locali.

Lo studio del colore applicato ai quadri fotografici, inoltre, deve anche tenere in debita considerazione la luce naturale della casa, nonché l’illuminazione artificiale interna, grazie ai punti luce. L’esposizione delle finestre fornirà già una prima valutazione su come la luce naturale possa valorizzare il quadro fotografico, o, in caso contrario, com’è necessario intervenire in termini di scelta delle pareti o della luce artificiale di supporto.

Da tutte queste preliminari valutazioni ben si comprende come un’oculata scelta cromatica dei quadri fotografici richieda uno studio particolare ed approfondito di diverse componenti.

CONCLUSIONI

Questo articolo introduttivo ad un settore davvero interessante del design vuole essere una breve riflessione su come si possa migliorare l’ospitalità dell’ambiente domestico, così come dell’ambito lavorativo, attraverso un attento studio multidisciplinare delle tematiche richiamate. Un coinvolgimento totale che consente di sentirsi a proprio agio e di sfruttare gli spazi in modo più consapevole.

Da quando ho avviato lo studio relativo al messaggio dietro ogni singolo colore ho anche capito come modificare l’approccio alla fotografia, proprio per interiorizzarla in maniera piena.

Chiunque fosse interessato ad approfondire queste tematiche, consiglio l’iscrizione gratuita alla newsletter del sito www.scaloimmaginario.it per rimanere sempre aggiornati sui prossimi approfondimenti. Naturalmente, per richieste specifiche è a disposizione la mail nei contatti.

MONDOVI’ E LE MONGOLFIERE

0

Mondovì e le mongolfiere: tutto è cominciato assistendo all’affascinante raduno che si tiene per l’Epifania ogni anno, periodo pandemico escluso. Così, quest’anno, finalmente, la tradizione è stata rispettata e il raduno si è ripresentato nelle giornate del 6, 7 e 8 gennaio.

Un po’ di storia di Mondovì e delle mongolfiere

La mongolfiera nasce sul finire del ‘700 in Francia grazie allo studio dei fratelli Montgolfier che, con il loro pallone ad aria calda, portarono in volo anche delle persone.

Accantonata, poi, per qualche decennio, tornò alla ribalta alla metà del ‘900, e in Italia negli anni ’70 grazie ai modelli provenienti dal Regno Unito. Singolare fatto – che scopro leggendolo sul sito dell’Aero Club di Mondovì- è che in Italia non esistevano piloti di mongolfiera. Due piloti di aereo, Aimo e Contegiacomo, presero per primi la licenza di volo dopo aver imparato da Tom Sage. Ma ancora più singolare risulta il fatto che i due piloti si fossero interessati a riscrivere con i funzionari dell’Enac il manuale di istruzione del corso per ottenere la licenza di volo italiana “pallone libero”. Di fatto la mongolfiera in Italia non era stata prevista come velivolo e solo grazie alla caparbietà di questi due piloti si è riusciti a superare i laccioli burocratici.

La mongolfiera arriva a Mondovì

Sono sempre stata affascinata dalla mongolfiera. Il suo volo lento, silenzioso, sollevati, ma non troppo, offre una prospettiva davvero unica. Peccato la nebbia che non ha consentito di levarsi in volo nella giornata inaugurale di questo raduno 2023. In effetti la folta presenza di pubblico aveva sperato in un esito molto diverso. Ma è stato davvero emozionante vedere tutti questi giganteschi palloni prender vita sotto l’impulso di aria calda, spintonarsi l’un l’altro sul campo volo per farsi spazio e guadagnare l’aria, la vista.

La bella organizzazione dell’evento, curata da Aero Club Mondovì, è stata ripagata dalla notevole presenza di pubblico di ogni età. E ha anche riconfermato questo connubio tra Mondovì e le mongolfiere. Inoltre, è un tipo di evento che offre piacevoli spunti anche al fotografo, potendo contare sia sulla vicinanza alle mongolfiere sia sulla possibilità di riprenderle in volo ammirandole dal belvedere.

Una volta studiato bene il programma della manifestazione e le zone “strategiche” di Mondovì, si può effettivamente riuscire a portare a casa qualche scatto pregevole.

Comunque è stato un evento che ha permesso un tuffo nel passato “a grandezza d’uomo”, dove il tempo è scandito e non frenetico. Un mondo non roboante, eppure che ha dimostrato di andare avanti e di conservare intatto il suo fascino.

Complimenti alla bella iniziativa, ritornata dopo lo stop imposto dai provvedimenti di emergenza sanitaria. Sicuramente un appuntamento da segnare in agenda e da non perdere.

FOTOGRAFIE GENERATE DA INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Lo sviluppo tecnologico mette oggi a disposizione del fotografo piattaforme che generano immagini in postproduzione. Si parla di intelligenza artificiale che, attraverso l’utilizzo di algoritmi, consente di creare immagini ad alta definizione. Ciò apre inevitabilmente il campo a nuove prospettive, ma anche ad alcune problematiche, specie di natura giuridica.

Cosa s’intende per intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale usa una tecnologia definita “creativa” attraverso reti artificiali che riproducono il comportamento dei neuroni del cervello umano.

Valutato in riferimento al risultato finale, si presenta come un’opportunità decisamente  competitiva. Ma la problematica principale che emerge è collegata al riconoscimento del diritto d’autore.

Intelligenza artificiale e diritto d’autore

Concentriamoci subito sul problema attinente il diritto d’autore. Quest’ultimo, infatti, è sempre stato individuato, espressamente o meno, nel soggetto persona fisica autore dell’opera. Qualora, però, l’opera in questione si avvalga di un intervento più o meno importante di una cosiddetta “intelligenza artificiale”, la questione che si apre alla valutazione legale è nuova. A chi riconoscere, dunque, la titolarità del diritto d’autore in questi casi? Per rispondere a questa domanda dobbiamo, a mio parere, riferirci innanzitutto all’art. 1 Legge 633/1941 come rivisitato dal D.L. n. 115/2022, laddove si riconosce che “sono protette … le opere dell’ingegno di carattere creativo, …, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

Quindi, il mancato collegamento dell’opera all’ingegno umano apre la strada a possibili interpretazioni estensive anche all’intelligenza artificiale circa la paternità del diritto d’autore. Carenza di precisione voluta o mancata conoscenza dello sviluppo tecnologico in atto? Non si sa, certo l’ultimo intervento del legislatore è del 9 agosto 2022, troppo recente per non valutare studi e sviluppi della tecnologia già avviati. Divagazioni a parte, allo stato della legge il legislatore non ha ritenuto necessario precisare la connessione tra diritto d’autore e ingegno umano. Tuttavia, ciò lascia spazio ad altri aspetti applicativi molto delicati, primo fra tutti l’individuazione dell’autore di un’opera in caso di uso dell’intelligenza artificiale.

La difficoltà principale consiste nel riconoscimento ad un algoritmo della paternità di un’opera definita creativa. E se effettivamente il risultato è a dir poco straordinario, è anche vero che lo stesso è frutto dell’inserimento in una piattaforma di informazioni base elaborate dalla stessa. E su questo aspetto indubbiamente il termine “creativo” risponde a requisiti diversi da quelli canonici. Come uscirne allo stato della legge?

Attenzione al diritto di proprietà intellettuale

Al momento si ritiene doveroso consigliare di consultare i termini contrattuali che le singole piattaforme condividono con i loro utilizzatori al fine anche di chiarire fin da subito il diritto di utilizzazione economica. Infatti, i titolari delle piattaforme fanno riferimento nei loro termini contrattuali al diritto d’autore e all’utilizzo dell’opera scaturente dall’intervento dell’intelligenza artificiale ciascuna con proprie regole.

Si ritiene comunque che quanto prima si affronti la questione e si individui con chiarezza a chi imputare il diritto d’autore e in che termini, quanto più probabilmente si ridurrebbe l’inevitabile contenzioso che rischia di assumere proporzioni importanti con l’andare del tempo.

Si confida, quindi, in una sollecita presa d’atto da parte del legislatore delle possibili conseguenze sul piano legale dell’utilizzo “di massa” dell’intelligenza artificiale.

Per ulteriori approfondimenti e valutazioni di singoli casi consiglio di contattarmi sul presente sito cliccando su “consulenza flash”.

Sabine Weiss in mostra a Genova

0

Sabine Weiss è in mostra a Palazzo Ducale di Genova fino al 12 marzo 2023. La fotografa svizzera lascia un segno tangibile, trasponendo nei suoi scatti il concetto de “la poesia dell’istante”.

Sabine Weiss la fotografa

La giovane Sabine ha mosso i primi passi fotografici a Ginevra, per poi trasferirsi a Parigi come assistente del fotografo Willy Maywald. Proprio l’esperienza di questo periodo è il fulcro della mostra di Genova.

Creatività e curiosità, lavoro e vita familiare risultano così compenetrati l’uno nell’altra da consentire a questa giovane di dare fin da subito il meglio di sé.

Le sue fotografie esposte fanno indubbiamente comprendere come fosse ben introdotta nel mondo artistico e culturale dell’epoca. I personaggi dei suoi scatti pubblicitari del mondo cinematografico e della moda parlano da sé. Ma ciò che più mi ha colpito è il sapiente uso della luce e delle ombre, fino al controluce che nasconde solo ciò che distrae dal messaggio della fotografia.

I freddi inverni parigini fanno da cornice, con le dissolvenze della nebbia, a figure appena accennate, ma intente nel loro spaccato di vita cittadina.

I suoi reportage per il mondo, infine, hanno l’innegabile pregio di mostrare non immagini rubate al dolore e al pianto, bensì un entrare silenzioso nella vita che si manifestava ai suoi occhi.

La mostra di Genova

La mostra allestita a Palazzo Ducale di Genova è un fine viaggio in questo mondo, dove niente viene spettacolarizzato, ma solo osservato ed emotivamente vissuto. Organizzata in maniera sobria e precisa, la mostra coglie pienamente l’interesse del visitatore e lo accompagna in tutto il percorso.

Osservando l’ultima sala, pare si osservi il silenzio, sia esterno sia introspettivo, dove la solitudine è interiorizzata, ma non come fragilità. Proprio in questa sala l’itinerario mira a tirare le fila del percorso proprio nella frase di Sabine Weiss che campeggia a ridosso delle ultime fotografie. “Luce, gesto, sguardo, movimento, silenzio, tensione, riposo, rigore, rilassamento. Vorrei racchiudere tutto in questo momento per esprimere l’essenziale dell’uomo con il minimo di mezzi”.

Una riflessione profonda che al termine del percorso svela le finalità e le emozioni trasmesse attraverso l’obbiettivo. E allora ben si comprende la sua capacità di comunicare pur senza toni forti, il suo impatto emotivo pur senza fragori, il suo messaggio pur proponendo momenti conviviali ed altri più solitari.

Una fotografa che non avevo mai avuto l’occasione di approfondire, ma dagli spunti davvero profondi e dalla tecnica fotografica di livello, sapientemente dosata per sottolineare  più l’aspetto emotivo.

La mostra è visitabile fino al 12 marzo 2023 dal martedì al venerdì dalle 14 alle 19, e nel fine settimana dalle 10 alle 19. All’interno è possibile anche scorrere il catalogo della mostra.

FABIO LATORRE E LA FOTOGRAFIA

0

Continua il viaggio di “Focus artisti” nel mondo creativo con Fabio Latorre, fotografo genovese. Classe 1981, informatico di professione, da anni Fabio è un appassionato di fotografia da gustare con la reflex.

Come hai iniziato a scoprire la fotografia?

Il primo approccio l’ho avuto a 14 anni, anche se non è stato molto convincente. Ho provato ad usare una macchina fotografica analogica. Lo sviluppo di quei due primi rullini è stato tragico e mi sono convinto a lasciare perdere. Sedici anni più tardi, però, ho riprovato con il digitale, con più consapevolezza e metodo, e mi sono subito appassionato alla fotografia.

La bellezza del particolare

Che genere fotografico segui di più?

Mi piace sia lo scatto spontaneo sia il ritratto costruito, i panorami urbani così come i paesaggi incontaminati. La luce è al centro di tutto quando fotografo. Con la luce si scrive la fotografia, ed è entusiasmante studiarla, filtrarla, giocarci. Anche lo studio dei grandi fotografi aiuta ad affinare l’occhio e la percezione. Pian piano ti scopri a guardarti intorno come se avessi sempre un obbiettivo in mano, a notare quei particolari che altrimenti passerebbero inosservati. La fotografia, quando la fai tua, permea la tua vita, diventa una vera passione. Direi quasi, uno stile di vita …

Il quotidiano nel particolare

Senti Fabio, parlaci della prossima mostra fotografica

Sì, parte il 5 novembre a Genova, espongo con Carlo Verardo, Nadia Massa, Teresa Corbo e Paola Chiappini. E’ il progetto “Genova dai contrasti” che mettiamo in vetrina. Ognuno di noi espone un sunto del proprio progetto dove è condensato il proprio stile e la propria chiave di lettura della città. Sottolineo che questo progetto è nato quando eravamo in pieno lockdown e tutti e cinque organizzavamo video chat per confrontarci e organizzare il progetto fotografico. E’ stato anche un modo per deviare l’attenzione da tutto quello che stavamo vivendo. Insomma, ci sentivamo tutti molto galvanizzati da questa iniziativa.

Quindi, riassumiamo bene le info sulla mostra …

Certamente. La mostra fotografica sul libro “Genova dai contrasti” sarà visitabile, con ingresso libero, dal 5 all’11 novembre presso la Galleria di Nabot in Vico dei Griffoni 1. L’orario di apertura è dalle 10 alle 12,30, dalle 14,30 alle 19. Il libro “Genova dai contrasti” sarà presentato sabato 5 novembre alle ore 16.

“Genova dai contrasti”

“Genova dai contrasti” è un libro prodotto da cinque fotografi amatoriali del capoluogo ligure. Teresa Corbo, Nadia Massa, Carlo Verardo, Fabio Latorre e Paola Chiappini hanno intrecciato i loro progetti fotografici durante il periodo del lockdown. Quando i contatti umani parevano sospesi e solo tragiche notizie affollavano le menti degli italiani, loro sono partiti in video chat per pianificare ciascuno la propria chiave di lettura di Genova.

“Genova dai contrasti”: i cinque progetti

Così, Teresa ha scelto di seguire la prospettiva dall’alto e dal basso, puntando sulla verticalità della struttura cittadina che porta lo sguardo a vagare in diverse angolazioni.

Nadia, invece, ha pensato alla sua città attraverso il filtro della pioggia, ma anche del sole che si incunea negli stretti vicoli del centro storico.

Carlo, ancora, ha guardato a Genova nello spazio e nel tempo, dove l’incedere della storia ha lasciato tracce indelebili, giungendo fino ai recenti piani urbanistici.

Fabio, dal canto suo, ricorda Genova di giorno e di notte, in un cambiamento totale di prospettiva, dove il sole illumina il mare e la notte lo rende cupo.

Infine, Paola, ovvero chi sta scrivendo, impegnata dietro alle diverse tonalità cromatiche della città. I colori forti e contrastanti dell’urbanizzazione fronte mare si contrappongono, fino però quasi a fondersi, con il bianco e nero del marmo e della pietra di portoro.

Naturalmente, non potevamo non coinvolgere il nostro amico Paolo Frega che ha curato la prefazione dell’opera.

Come si è sviluppato il progetto

Quando abbiamo ricominciato ad uscire, anche lo sguardo sulla città, seppur conosciuta a menadito, è cambiato. Nonostante il fotografo sia colui che guarda sempre attraverso l’obiettivo, anche quando non lo ha con sé, la situazione qui è ben diversa. Riprendere a camminare, gesto fino ad allora scontato, per strade conosciute, dopo un periodo di divieto, ci ha portato ad apprezzare di più l’ambiente ove si vive. Così, gli scatti si sono susseguiti , insieme al confronto, in un percorso di crescita sia individuale sia di gruppo.

La pubblicazione del libro

Un simile progetto non poteva rimanere chiuso in un file del nostro pc. Si è avvertita l’esigenza di condividerlo con gli altri, anche per mostrare come si possano trovare interessi e stimoli creativi in ciascuno di noi.

La soddisfazione è grande, perché è il termine di un confronto tra di noi e l’inizio di un messaggio da trasmettere al di fuori del gruppo. Così, la fotografia, come qualunque forma artistica, con il suo linguaggio universale ha creato una sinergia vitale in chi vi si appassiona.

Chi ha piacere può cliccare su uno dei link sottostanti in cui il libro è in vendita anche per avere modo di entrarvi dentro.

https://www.ibs.it/genova-dai-contrasti-libro-vari/e/9791221416237?inventoryId=421803549&queryId=6b397593511380528185ebb41a105b2b

https://www.hoepli.it/libro/genova-dai-contrasti/9791221416237.html

https://www.libreriauniversitaria.it/genova-contrasti-verardo-carlo-youcanprint/libro/9791221416237

FOTOGRAFIA E BENESSERE PSICOFISICO

L’era geologica che si è aperta oltre due anni fa ha portato alla luce alcune difficoltà nel relazionarsi con gli altri, specie di persona.

Chiusi in casa, si è pian piano insinuata in ciascuno di noi la paura dell’altro. Rapporti umani vissuti fino ad allora con assoluta spontaneità si sono trasformati nella materializzazione dell’altro come un nemico. Tutto ciò che fino ad allora ci veniva spontaneo improvvisamente ci è diventato ostile. Da qui le chiusure in noi stessi, l’isolamento e, in alcuni casi, l’inizio di problemi  che sono sfociati nei casi più gravi in disturbi psicologici.      

Non sono un medico, però ho vissuto e vivo anch’io la quotidianità con le sue difficoltà. E questo è un periodo davvero difficile, che probabilmente ha modificato in maniera irreversibile la nostra mentalità. Irrimediabilmente, a meno che non riusciamo a reagire, trovando in noi stessi la forza  e i motivi per cambiare l’inevitabile corso degli eventi.

Io ho trovato questa forza di reazione nella fotografia, senza studiarmi a  tavolino un reale fine da seguire per non sentirmi ingabbiata in quelle logiche folli. La fotografia è la manifestazione interiore del mio essere e vivendola in questo modo mi consente di affrontare quotidianamente le giornate, i mesi, gli anni con uno spirito diverso dalla maggior parte delle persone.  Sovente mi sono sentita dire in questo periodo: “Complimenti per la tenacia con cui riesci a reagire!” Da queste frasi, prima saltuarie poi via via più frequenti, ho cominciato ad analizzare il mio stato d’animo  e i miei interessi.

 Per me un ruolo fondamentale lo gioca la macchina fotografica, ma ritengo che comunque qualunque forma artistica ricopra certamente questo ruolo.  Così, di seguito, cercherò di spiegare come è avvenuto in me questo spostamento di attenzione da martellanti notizie sempre negative ad aspetti ed interessi percepiti positivamente. Con sviluppi sorprendenti anche nella valutazione della mia vita, fino a cercare di realizzare sogni che tenevo nel cassetto, e anzi trasformarli in progetti reali.

Fotografia e interesse come benessere

Ciascuno di noi ha uno o più interessi nella vita, che generalmente inseriamo nel grande scatolone degli “hobby”. Può essere un’attività culturale, sportiva, artigianale. Ma in ogni caso è un interesse che vogliamo noi LIBERAMENTE, e proprio qui sta il suo successo.

Il lavoro, lo stile di vita, non sempre sono situazioni che riusciamo a scegliere con piacere. Dobbiamo lavorare per vivere, e quindi se non riusciamo a fare quello che abbiamo in mente facciamo quello che ci capita, pur di avere uno stipendio che ci consenta di andare avanti. Stesso discorso per lo stile di vita: quante volte mostriamo un’esteriorità che non ci rappresenta, solo per assecondare l’attenzione degli altri e non sentirci esclusi dai circuiti sociali?      

Per i nostri interessi l’atteggiamento personale è totalmente diverso. Se decidiamo di andare a correre o di cominciare a dipingere o di seguire lo yoga lo facciamo per nostra scelta, perchè manifestiamo un interesse per queste discipline svincolato da un tornaconto materiale. Possiamo, in poche parole, asserire ciò: PRATICARE UN INTERESSE E’ UNA SCELTA LIBERA. O meglio, deve essere una scelta libera, altrimenti non è più un nostro piacere, ma rientriamo nel discorso iniziale degli obblighi.

La libera scelta, quando è reale, fa sì che la persona si senta spinta a realizzarla, fino al punto di maturare un obbiettivo che riconosce positivo in sé.

Per me la fotografia ha rappresentato un importante ritorno nel 2018, dopo un periodo di grave crisi personale. Già da ragazza avevo la macchina fotografica analogica e per me è stata una compagnia inseparabile per anni. Poi l’inserimento nel mondo del lavoro, le priorità della vita che cambiano, e improvvisamente ti trovi a dare importanza solo a ciò che è monetizzabile, perché comunque devi vivere. O sopravvivere, dipende dai punti di vista.

Fino al 2018. In una frazione di secondo, la vita ti cambia totalmente e ti rendi conto che ad accantonare tutto ciò che è tuo interesse è un grave errore. Qualche giro nel negozio di attrezzatura fotografica, un po’ di informazioni raccolte, e poi la decisione per un acquisto di un prodotto entry. Conviene sempre iniziare dal livello base, anche per imparare a maneggiare la macchina fotografica digitale con personalità. Ormai il primo passo era fatto. L’interesse iniziale era nel capire come utilizzare la reflex. E la soluzione migliore era andare in giro e cominciare a scattare.

Il secondo passaggio è stato seguire un corso che introducesse alla fotografia. Un modo anche per conoscere altre persone, e parlare di argomenti positivi.

Il successivo passo avanti è stato cominciare a capire su quale tipo di fotografia manifestassi più interesse. Con questi passaggi successivi sono arrivata all’inizio del 2020, quando il buio è calato inesorabile sull’Italia. Sembrava di vivere sospesi. Il silenzio era squarciato dalle sirene dell’ambulanza che costantemente apriva ferite nel mio animo.

Consapevolmente o inconsapevolmente, ho seguito il mio interesse, approfondendo intanto la post-produzione e l’archiviazione degli scatti della vita precedente il Covid. E’ stato un impegno che mi ha occupato molto tempo, ma mi ha portato anche ad essere più critica sul mio lavoro. Ormai mi ero resa conto che la mia mente lavorava dietro la fotografia anche quando non me ne occupavo direttamente. Il mio interesse stava diventando qualcosa in più di un hobby.     

Concentrazione durante l’attività fotografica

E’ proprio in questo passaggio da sporadico interesse a passione che ha assunto un aspetto importante la CONCENTRAZIONE.

Concentrarsi su ciò che si sta facendo significa essere assorbiti, non asserviti, a un certo obbiettivo. Significa che corpo e mente riescono ad estraniarsi dall’ambiente esterno. Stanno seguendo una manifestazione del proprio stato d’animo che gli sta lanciando proposte positive. E naturalmente la nostra mente tende alla ricerca del proprio benessere, individuandolo in ciò che la rivitalizza.

Progressivamente, ci si rende conto che quando si segue un proprio interesse tutte le tossine nocive accumulate in noi cominciano a scomparire. Ciascuno di noi, se interroga il proprio io, è in grado di individuare le proprie reazioni. Il bambino forse lo fa più istintivamente, l’adulto più razionalmente, ma in entrambi i casi l’impulso viene da dentro di noi. La concentrazione come secondo passaggio, dopo aver individuato l’interesse, ha fatto in modo che nel periodo del lockdown cominciassi a pianificare i miei progetti. In questo modo, consapevole del fatto che potevo contare su ampio tempo a disposizione per dedicarmi al mio interesse, potevo curarlo fin nei minimi particolari.

La concentrazione su un progetto da me voluto ha rappresentato una spinta decisiva per isolarmi da tutte le notizie negative che giungevano da ogni parte. La mia mente era focalizzata più su altri binari che mi avevano portato a guardare alle difficoltà della vita, il Covid come altre, in maniera più distaccata. Non per mancanza di sensibilità, ma perché la mente, quando non è assorbita solo da un unico argomento, riesce a essere sgombro da condizionamenti. Questo per qualunque motivo: problemi sul lavoro, problemi familiari, problemi economici. E’ un po’ come calarsi in un mondo fantastico, rendendolo reale.

Questo è uno dei vantaggi della concentrazione su un obbiettivo positivo. Ci si sente rinfrancati e assolutamente propositivi per sé e per gli altri. Come si dice nel linguaggio corrente: ESSERE SUL PEZZO. I nostri interessi vanno coltivati con impegno e concentrazione, senza rimandare.

Consapevolezza nella fotografia

Un altro aspetto molto importante che ha contribuito e contribuisce quotidianamente a concentrare l’attenzione su aspetti positivi è la CONSAPEVOLEZZA . Nel mio caso, la consapevolezza si è manifestata quando ho cominciato a realizzare che pensare alla fotografia nelle sue diverse forme mi rigenerava. Per esempio, la preferenza accordata ad un libro di storia della fotografia piuttosto che al martellamento mediatico contribuisce a tenere sotto controllo lo stato ansioso tipico delle sollecitazioni da stress. E’ la consapevolezza di mettersi in gioco in un’attività sempre nuova, se la si riesce a manifestare così come scaturisce dal nostro stato d’animo. Pensare a un progetto fotografico è partire infatti da un’IDEA, pensare a come realizzarla, fare proprio uno schema di programma su come possiamo attuare il tutto, avviare la nostra attività. Gli scatti in genere non si risolveranno in una sola uscita, ma consisteranno in più interventi, perché ogni volta che il lavoro viene scaricato a pc ci si scoprirà molto critici. La critica è infatti rappresentata dal vedere o meno riflessa la propria idea nei contenuti che si passa a visualizzare. Proprio in questa fase si capisce quanto siamo stati concentrati nella fase di scatto, perché se mettiamo in contatto mente, spirito e corpo (attraverso l’attività manuale di utilizzo della macchina fotografica), il risultato è più vicino a quello che abbiamo individuato. Quando ci lasciamo fuorviare da altri pensieri e non siamo in sintonia con quello che stiamo facendo, il risultato non ci darà soddisfazione.

Ritengo che proprio il corretto approccio ci dia il giusto metodo per trovare soddisfazione in ciò che stiamo facendo, ripulendo la mente da altre tossine. Questa esperienza è tanto più utile quanto più la si condivide con altre persone che magari sviluppano interessi diversi dalla fotografia. Infatti, alla fine tutti questi percorsi tendono ad un medesimo fine: elevare la persona al di sopra dei condizionamenti esterni. Prestando attenzione a questo processo mentale e cercando di condividerlo con chi si dedica ad attività creative è comunque emersa una similitudine nel processo mentale ed emotivo. Proprio su questa considerazione è nata una maggiore consapevolezza di come per me la fotografia diventi terapia del benessere. La consapevolezza di ciò avvia un processo di miglioramento del proprio stile di vita e una radicale modifica, oltre che del ritmo degli impegni quotidiani, anche delle priorità da seguire. 

Realizzazione del progetto fotografico

E veniamo all’ultimo aspetto di questo approccio motivazionale: sviluppare la realizzazione del progetto. E’ stata la fase finale di tutto il lavoro fin qui seguito: vedere realizzato ciò per cui si è dedicate tante energie. Nel mio caso la manifestazione finale è stata nella pubblicazione del mio ultimo libro “Sfumature dorate di Scozia”, dove finalmente ho voluto sottolineare pensieri esprimendoli sia in parole sia in immagini. Il rivivere con il pensiero un tour fotografico autunnale nella Scozia centrale è stato un riassaporare certe emozioni, un immedesimarsi di nuovo in quella settimana di studio della luce e di atmosfere che si rimpiangono. Ma è stato anche un momento nel quale ho organizzato corsi di “Diritto e fotografia”, per cercare di trasmettere diritti e doveri a chi si approccia a questa forma d’arte in un Paese ove la burocrazia regna sovrana. Il cammino sta procedendo, con sempre nuovi progetti, tra i quali quello di percorsi turistico fotografici per aiutare ad immortalare nel modo migliore scorci panoramici e di forte impatto emotivo.

Questo breve percorso emozionale, scritto con l’obbiettivo di condividere con chi interessato le proprie esperienze, è solo un punto di partenza per allargare la visione del proprio modo di esprimersi e riuscire a migliorare la qualità della vita.

Diretta Instagram
del 9 Aprile 2022

Cliccate sul titolo qui sopra per vedere la diretta Instagram.

HOTEL PORTOFINO

A poco meno di un mese dal lancio su Sky di “Hotel Portofino” proviamo a farne un primo bilancio. E lo facciamo dopo aver parlato niente meno che con Walter Iuzzolino, CEO di Eagle Eye Drama che ne ha curato la produzione.

LA TRAMA DI HOTEL PORTOFINO

La trama è già nota al pubblico: Bella Ainsworth, interpretata da Natascha McElhone, si trasferisce negli anni ’20 in Italia per gestire un albergo in stile britannico. Ambientato nella splendida cornice della costa ligure di levante, “Hotel Portofino” si presenta come un dramma familiare che si snoda intorno a un grande mistero.

Tutto improntato sul period drama, la miniserie richiama alla mente “Downtown Abbey”, pur con le differenze inevitabili, ma di cui si attende di seguire il medesimo successo.

IL FILO CONDUTTORE

Quindi, la storia, che si dipana intorno ad un delitto, il cui mistero verrà svelato solo all’ultimo, garantisce allo spettatore suspense, ma anche una minuziosa ricostruzione storica dell’Italia agli albori dell’ascesa di Benito Mussolini. La dovizia storica e l’ambientazione italiana, specie degli esterni, sulla costa ligure offrono così allo spettatore due ingredienti di assoluto successo.

Le scene degli interni, invece, sanno molto di Croazia, che ha ospitato nell’estate del 2021 il cast per le riprese.

IL CAST DI HOTEL PORTOFINO

Oltre alla già citata Natascha McElhone, figurano nel cast Mark Umbers nei panni del pericoloso marito di Bella. Ma ci sono anche presenze italiane come Daniele Pecci e Lorenzo Richelmy ad interpretare due eleganti nobili italiani.

Ma “Hotel Portofino” è anche un’occasione di ritorno nella sua Liguria per Walter Iuzzolino. E di rientro dalla porta principale, considerando anche il particolare interesse mostrato da Regione Liguria per la scelta fatta della location. Questo in un più generale contesto di richiamo turistico che da anni la regione sta sponsorizzando. Indubbiamente, la zona tra Genova e Portofino offre uno spaccato di bellezze naturali davvero invidiabile, e riempie di orgoglio pensare che una produzione inglese l’abbia scelta fra le varie alternative.

Trasferire un contesto tipicamente britannico in Liguria ricorda comunque un legame che in passato è stato molto presente. Così, basti citare scrittori che a lungo hanno soggiornato nelle varie località della regione, come George Byron, Mary Shelley, Joseph Conrad, Charles Dickens, solo per citarne alcuni.

Ma anche i soldati britannici che nella regione, complice un clima mite, venivano in convalescenza dalle fatiche di guerra.

CONCLUSIONE

Per quanto riguarda “Hotel Portofino” il tratto e la narrazione sono certamente raffinati e coinvolgenti.

Ci sarà una seconda serie? Anche per rispondere alla curiosità dello spettatore lo chiediamo a Walter. “Se ti dicessi che ci stiamo lavorando?”

Già, è sempre un’energia inesauribile Walter Iuzzolino, che lo porta ad affrontare nuove sfide con grande determinazione.

Non ci resta che aspettare la seconda serie, godendoci nel frattempo la prima.